sangue vivo di edoardo winspeare (2000



 

“Sangue vivo e’ quello che scorre al ritmo ossessivo con cui da tempo immemorabile si percuotono i tamburelli nella terra salentina. Lo si fa per ammansire la forza oscura e dolorosa che certe persone di quei luoghi hanno nel sangue. Per darle suono, voce e passi di danza, affinche’ non faccia troppo male. Il dolore non passa ma per loro, finche’ la musica dura sembra possibile perdonare la vita.”           

Giorgia Cecere  co-sceneggiatrice

 

Edoardo Winspeare, qui ancora giovane regista, ha acquisito una certa notorietà per la sua attività nel Salento sua terra d’origine. Assieme ad altri cittadini ha fondato l’associazione “Coppula Tisa (dal nome della lucertola salentina) che intende ripristinare le bellezze del paesaggio e difenderle dagli ecomostri anche con azioni risolutive come comprare i terreni su cui sorgono le costruzioni deturpate e demolirle”.

Sangue vivo è il suo secondo lungometraggio dopo Pizzicata (1996) e si è subito distinto anche a livello internazionale, infatti è stato il primo film italiano ad essere selezionato per il Sundance Film Festival, la rassegna americana di cinema indipendente.

Il regista afferma di avere costruito il film sui due attori principali  Pino e Lamberto che non sono attori professionisti e sono due uomini singolari con un passato che epitomizza le difficolta del vivere nel sud di tanti uomini.

Il film è ambientato in questa terra riarsa dal sole e ricca di uliveti. Lo strumento tradizionale suonato dagli abitanti è la pizzicata, un largo tamburello con i sonagli, ed è questo strumento ad unire e nello stesso tempo a dividere due fratelli Pino e Donato. Pino il maggiore è sposato con figli, fa il contrabbandiere per  mantenere la famiglia e pagare gli enormi interessi per un debito contratto con un capo mafioso e usuraio. I soldi gli sono serviti per comprare un negozio alla moglie, una profumeria. Il fratello minore non lavora e s’accompagna con gli amici di sempre con cui combina guai e si droga. Benchè siano già tutti uomini fatti, sognano di fare il colpo grosso con cui sistemarsi per sempre e lasciare il paese soffocante. I due fratelli sono divisi da un fatto accaduto nel passato che li tormenta entrambi: l’anziano padre è morto accidentalmente cadendo nel pozzo e la mano di Pino, accorso in suo aiuto, non è riuscita ad afferrarlo e portarlo in salvo. Pino vive  tormentato dal rimorso e Donato da un senso di accusa verso il fratello, a cui porta rancore. Tutte e due i fratelli suonano la pizzicata come il padre, ma solo Donato in realtà ne ha ereditato il profondo talento naturale. Eppure si rifiuta di suonarla, ostinatamente, come si rifiuta di prendere in mano la sua vita e di ricambiare l’amore per la donna che lo ama da sempre.

Complimenti a questo giovane regista di talento che ha fatto un film ricco di suggestioni, di sentimento, una musica coinvolgente, come la storia raccontata. Il film è anche un’analisi dei sentimenti che anima la gioventù del sud divisa tra l’amore e il rifiuto per la loro terra e le espressioni culturali proprie del sud. Un passato che li fagocita come un fantasma con cui non sanno venire a patti, un futuro che semplicemente non c’è e un presente che vivono come rifiuto, rinuncia, autodistruzione.

 

 

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